Benvenuti!

Benvenuti nel blog di tre aspiranti infermieri che frequentano il primo anno del Cdl in Infermieristica a San Giovanni Rotondo, nell'ospedale "Casa Sollievo della Sofferenza", e che tramite questo spazio sul web, tra esami e tirocinio, vogliono condividere le proprie conoscenze e le proprie esperienze, ampliando il proprio e il vostro bagaglio culturale, tramite il confronto e la comunicazione.
Ci auguriamo che sia di vostro gradimento e che possiamo crescere e tenere il tutto in costante aggiornamento.

Buona navigazione.

sabato 24 maggio 2014

Chi è l'infermiere?

LA STORIA DELL’INFERMIERE

L'Infermiere è un professionista sanitario che, in possesso di titoli e qualifiche previsti dalla legge, è responsabile dell'assistenza infermieristica alla persona.
Tradizionalmente, ad effettuare oggi le funzioni di quelli che oggi possiamo definire infermieri erano generalmente i religiosi, soprattutto nel medioevo fino all'età moderna. Tuttavia La figura religiosa non era inizialmente ben accettata nel praticare l’assistenza ai malati, in quanto il contatto con i corpi sembrava essere una prerogativa delle donne sposate o addirittura prostitute.
Nel XIX secolo nacquero numerose congregazioni religiose, che oltre all’insegnamento, fondarono ospedali e organizzazioni di assistenza ai malati a domicilio, nonostante la normativa ecclesiastica ancora imponesse alle religiose di non assistere nessuno a domicilio, oltre ad escludere le donne incinta e malati di sesso maschile.
L’infermieristica era ancora legata ed influenzata dalla religione, ed il pensiero era che l’immagine umanitaria dell’infermiere fosse legata ad una chiamata spirituale alla professione. Le qualità dei potenziali candidati a diventare infermieri erano povertà, innocenza e sottomissione. In Europa iniziano ad essere costruiti i primi ospedali con la nascita della figura del Direttore medico, mentre nel 1853 a Napoli viene fondata una scuola per infermieri. “Il compito di alleviare le sofferenze dei malati, considerato poco nobile nella gerarchia sociale, è delegato da sempre al sesso femminile, garante dello sviluppo e del mantenimento della specie.”

Florence Nightingale è conosciuta come la fondatrice dell’infermieristica moderna, appartiene ad una famiglia inglese ricchissima e grazie agli insegnamenti del padre ottiene un’istruzione completa con un elevato risultato culturale. Nacque il 12 maggio del 1820 in Italia, a Firenze. Intraprese la professione infermieristica contro i desideri della famiglia. Nel 1854 l’Inghilterra entra in guerra con una spedizione nel Mar Nero, in Crimea, con i francesi, in aiuto alla Turchia contro la Russia. La campagna militare inglese fu positiva ma incombe un grosso problema: i feriti e i malati della guerra morivano per mancanza di assistenza. Il ministro della guerra inglese Herbert inviò la Florence Nightingale in Crimea con un gruppo di infermiere, viene nominata sovraintendente del corpo delle infermiere degli ospedale inglesi in Turchia con il compito di organizzare la sfera assistenziale. Le principali cause di morte erano dovute alle epidemie di colera e di tifo, alla gangrena e alla dissenteria, ma non strettamente correlate alle ferite di guerra. Florence Nightingale attuò una serie di provvedimenti quali:
Pulizia degli ambienti;
Camicie, lenzuola e biancheria;
Lavanderia con una caldaia per bollire tutta la biancheria;
Cucina per diete speciali;
Stanze per l’alloggio delle infermiere.

In sei mesi Florence Nightingale è riuscita a ridurre la mortalità dal 42% al 2%. L’opinione pubblica inglese, a posteriori dalla guerra di Crimea, cambia idea nei confronti del ruolo dell’infermiere, in quanto “diviene simbolo di forza, misericordia, padronanza di sé di fronte al dolore, altruismo e solidarietà.” Nel 1860 pubblicò il libro “Notes on Nursing” e fondò la “Nightingale Training School for Nurses”. La scuola viene basata su due fondamentali principi quali:
1. L’internato obbligatorio delle allieve nella “casa dell’infermiera” -> l’intento della Nightingale è di formare il carattere dell’infermiera secondo criteri morali estremamente rigidi.
2. La formazione infermieristica basata sul sapere, l’istruzione e la conoscenza -> lezioni teoriche giornaliere vengono impartite da medici e capo reparto e le allieve sono sottoposte ad esami e verifiche. L’istruzione secondo Nightingale non prevede alcuna interferenza nell’ambito medico, senza la sovrapposizione di attribuzioni, ma piuttosto le figure di infermiera e medico si sostengono a vicenda per il bene del malato

Negli Stati Uniti ed in Inghilterra il modello Nightingale influenza la formazione, l’organizzazione del lavoro e la identificazione professionale, permettendo un'evoluzione professionale infermieristica in rapida ascesa con mete sempre più ambiziose, come nel 1911 in America, dove nacque l’organizzazione professionale American NursesAssociation (ANA). Successivamente nacquero le organizzazioni professionali come la Canadian NursesAssociation (CNA), l’International Council of Nurses (ICN), la National League of Nursing (NLN). In Italia invece è attiva la Federazione italiana degli Infermieri e delle Infermiere degli Ospedali e dei Manicomi.
In Italia, con la legge n. 1049 del 29 ottobre 1954, avviene la nascita del Collegio Infermiere Professionali, Assistenti Sanitarie Visitatrici e Vigilatrici di Infanzia (IPASVI). Questo avvenimento è di estrema importanza per quanto riguarda la professionalizzazione infermieristica, in quanto questo è il momento in cui la collettività, ai sensi dell’articolo 2229 del Codice Civile, riconosce una occupazione quale professione intellettuale. Nel 1971 viene abolito l’internato e i maschi vengono ammessi a frequentare i corsi, mentre nel 1973 le scuole per infermieri professionali diventano triennali in accordo con le indicazioni europee stabilite nel Rapporto di Strasburgo. Nel 1980 avviene la ratifica italiana che predispone il riconoscimento reciproco dei diplomi di infermiere nella Unione Europea.

Gli anni settanta vengono considerati anni di maggior sviluppo tecnologico, in cui il mondo sanitario vive l’invasione tecnologica più importante della propria storia recente. Con l’avvento delle nuove tecnologie, si sviluppano numerose specializzazioni mediche e numerose tecniche curative; tuttavia, la professione infermieristica che vive questo momento si specializza e focalizza la propria attenzione più sull’avvento tecnologico piuttosto che porre attenzione sulle conseguenti modificazioni dei bisogni di assistenza infermieristica delle persone. In questi anni, che dal punto di vista storico-culturale sono visti come anni molto confusi e di crisi, “porta la classe infermieristica ad una sorta di crisi di identità della professione, la quale porta gli infermieri a cercare al di fuori del territorio italiano, delle soluzioni e dei nuovi paradigmi interpretativi della realtà.” Dunque ci sono da un lato un aumento delle responsabilità e di “mansioni” affidate agli infermieri (in riferimento al D.P.R 14 marzo 1974, n. 225, conosciuto come “mansionario”), e dall’altro lato la ricerca del significato di cosa è l’assistenza infermieristica. La legge del 19 novembre 1990, n. 341, istituendo per la prima volta apposito corso di laurea in scienze infermieristiche sancì l'ingresso della formazione universitaria quale requisito indispensabile per l'esercizio della professione e di infermiere. Con il d.lgs 30 dicembre 1992, n. 502 stabilì l'obbligo, entro il primo gennaio 1996, per le regioni di stipulare con le università convenzioni per l’attuazione dei corsi di laurea previsti dalla legge 341/1990. Il decreto inoltre stabilì l'obbligo del conseguimento del diploma di maturità quinquennale per l’ammissione al diploma universitario di infermiere,qualificando il titolo rilasciato al termine del corso universitario come “diploma universitario” abilitante all’esercizio della professione.Viene inoltre affermato che i diplomi e gli attestati conseguiti con il precedente ordinamento (le scuole infermieristiche antecedenti al decreto), sono equipollenti al diploma universitario. Il decreto del Ministero della Sanità 14 settembre 1994, n. 73 dettò le prime disposizioni specifiche in tema relative alla figura ed al profilo professionale, definendo l’infermiere come:
« […] l'operatore sanitario che in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale è responsabile dell'assistenza generale infermieristica. »

Per esercitare, è necessario conseguire la laurea triennale in Infermieristica ed essere iscritti all'albo professionale presso il collegio provinciale IPASVI di appartenenza. L'Infermiere abilitato alla professione e quindi iscritto ad apposito albo professionale - tenuto dal collegio provinciale - può anche esercitare l'attività come libero professionista.

venerdì 23 maggio 2014

Il codice deontologico dell'infermiere

IL CODICE DEONTOLOGICO DEGLI INFERMIERI

Maggio 1999
I DOVERI DEGLI INFERMIERI SONO I DIRITTI DEI CITTADINI

Articolo 1
PREMESSA
1.1. L’infermiere è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma abilitante e dell’iscrizione all’Albo professionale, è responsabile dell’assistenza infermieristica.
1.2. L’assistenza infermieristica è servizio alla persona e alla collettività. Si realizza attraverso interventi specifici, autonomi e complementari, di natura tecnica, relazionale ed educativa.
1.3. La responsabilità dell’infermiere consiste nel curare e prendersi cura della persona, nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo.
1.4. Il Codice deontologico guida l’infermiere nello sviluppo della identità professionale e nell’assunzione di un comportamento eticamente responsabile. E’ uno strumento che informa il cittadino sui comportamenti che può attendersi dall’infermiere.
1.5. L’infermiere, con la partecipazione ai propri organismi di rappresentanza, manifesta la appartenenza al gruppo professionale, l’accettazione dei valori contenuti nel Codice deontologico e l'impegno a viverli nel quotidiano.

Articolo 2
PRINCIPI ETICI DELLA PROFESSIONE
2.1. Il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e dei principi etici della professione è condizione essenziale per l’assunzione della responsabilità delle cure infermieristiche.
2.2. L’infermiere riconosce la salute come bene fondamentale dell’individuo e interesse della collettività e si impegna a tutelarlo con attività di prevenzione, cura e riabilitazione.
2.3. L’infermiere riconosce che tutte le persone hanno diritto ad uguale considerazione e le assiste indipendentemente dall’età, dalla condizione sociale ed economica, dalle cause di malattia.
2.4. L’infermiere agisce tenendo conto dei valori religiosi, ideologici ed etici, nonché della cultura, etnia e sesso dell’individuo.
2.5. Nel caso di conflitti determinati da profonde diversità etiche, l’infermiere si impegna a trovare la soluzione attraverso il dialogo. In presenza di volontà profondamente in contrasto con i principi etici della professione e con la coscienza personale, si avvale del diritto all'obiezione di coscienza.
2.6. Nell’agire professionale, l’infermiere si impegna a non nuocere, orienta la sua azione all’autonomia e al bene dell’assistito, di cui attiva le risorse anche quando questi si trova in condizioni di disabilità o svantaggio.
2.7. L’infermiere contribuisce a rendere eque le scelte allocative, anche attraverso l’uso ottimale delle risorse. In carenza delle stesse, individua le priorità sulla base di criteri condivisi dalla comunità professionale.

Articolo 3
NORME GENERALI
3.1. L’infermiere aggiorna le proprie conoscenze attraverso la formazione permanente, la riflessione critica sull’esperienza e la ricerca, al fine di migliorare la sua competenza.
L’infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiornate, così da garantire alla persona le cure e l’assistenza più efficaci. L’infermiere partecipa alla formazione professionale, promuove ed attiva la ricerca, cura la diffusione dei risultati, al fine di migliorare l'assistenza infermieristica.
3.2. L’infermiere assume responsabilità in base al livello di competenza raggiunto e ricorre, se necessario, all’intervento o alla consulenza di esperti. Riconosce che l’integrazione è la migliore possibilità per far fronte ai problemi dell’assistito; riconosce altresì l’importanza di prestare consulenza, ponendo le proprie conoscenze ed abilità a disposizione della comunità professionale.
3.3. L’infermiere riconosce i limiti delle proprie conoscenze e competenze e declina la responsabilità quando ritenga di non poter agire con sicurezza. Ha il diritto ed il dovere di richiedere formazione e/o supervisione per pratiche nuove o sulle quali non ha esperienza; si astiene dal ricorrere a sperimentazioni prive di guida che possono costituire rischio per la persona.
3.4. L’infermiere si attiva per l’analisi dei dilemmi etici vissuti nell’operatività quotidiana e ricorre, se necessario, alla consulenza professionale e istituzionale, contribuendo così al continuo divenire della riflessione etica.
3.5. L’agire professionale non deve essere condizionato da pressioni o interessi personali provenienti da persone assistite, altri operatori, imprese, associazioni, organismi. In caso di conflitto devono prevalere gli interessi dell'assistito. L’infermiere non può avvalersi di cariche politiche o pubbliche per conseguire vantaggi per sé od altri. L’infermiere può svolgere forme di volontariato con modalità conformi alla normativa vigente: è libero di prestare gratuitamente la sua opera, sempre che questa avvenga occasionalmente.
3.6 L’infermiere, in situazioni di emergenza, è tenuto a prestare soccorso e ad attivarsi tempestivamente per garantire l’assistenza necessaria. In caso di calamità, si mette a disposizione dell’autorità competente.

Articolo 4
RAPPORTI CON LA PERSONA ASSISTITA
4.1. L’infermiere promuove, attraverso l’educazione, stili di vita sani e la diffusione di una cultura della salute; a tal fine attiva e mantiene la rete di rapporti tra servizi e operatori.
4.2. L’infermiere ascolta, informa, coinvolge la persona e valuta con la stessa i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e consentire all’assistito di esprimere le proprie scelte.
4.3. L’infermiere, rispettando le indicazioni espresse dall’assistito, ne facilita i rapporti con la comunità e le persone per lui significative, che coinvolge nel piano di cura.
4.4. L’infermiere ha il dovere di essere informato sul progetto diagnostico terapeutico, per le influenze che questo ha sul piano di assistenza e la relazione con la persona.
4.5. L’infermiere, nell’aiutare e sostenere la persona nelle scelte terapeutiche, garantisce le informazioni relative al piano di assistenza ed adegua il livello di comunicazione alla capacità del paziente di comprendere. Si adopera affinché la persona disponga di informazioni globali e non solo cliniche e ne riconosce il diritto alla scelta di non essere informato.
4.6. L’infermiere assicura e tutela la riservatezza delle informazioni relative alla persona. Nella raccolta, nella gestione e nel passaggio di dati, si limita a ciò che è pertinente all'assistenza.
4.7. L’infermiere garantisce la continuità assistenziale anche attraverso l'efficace gestione degli strumenti informativi. 4.8. L’infermiere rispetta il segreto professionale non solo per obbligo giuridico, ma per
intima convinzione e come risposta concreta alla fiducia che l’assistito ripone in lui.
4.9. L‘infermiere promuove in ogni contesto assistenziale le migliori condizioni possibili di sicurezza psicofisica dell'assistito e dei familiari.
4.10. L’infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione fisica e farmacologica sia evento straordinario e motivato, e non metodica abituale di accudimento. Considera la contenzione una scelta condivisibile quando vi si configuri l'interesse della persona e inaccettabile quando sia una implicita risposta alle necessità istituzionali.
4.11 L’infermiere si adopera affinché sia presa in considerazione l'opinione del minore rispetto alle scelte terapeutiche, in relazione all'età ed al suo grado di maturità.
4.12. L’infermiere si impegna a promuovere la tutela delle persone in condizioni che ne limitano lo sviluppo o l'espressione di sé, quando la famiglia e il contesto non siano adeguati ai loro bisogni.
4.13. L’infermiere che rilevi maltrattamenti o privazioni a carico della persona, deve mettere in opera tutti i mezzi per proteggerla ed allertare, ove necessario, l'autorità competente.
4.14. L’infermiere si attiva per alleviare i sintomi, in particolare quelli prevenibili. Si impegna a ricorrere all'uso di placebo solo per casi attentamente valutati e su specifica indicazione medica.
4.15. L’infermiere assiste la persona, qualunque sia la sua condizione clinica e fino al termine della vita, riconoscendo l'importanza del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale, spirituale. L’infermiere tutela il diritto a porre dei limiti ad eccessi diagnostici e terapeutici non coerenti con la concezione di qualità della vita dell'assistito.
4.16. L’infermiere sostiene i familiari dell'assistito, in particolare nel momento della perdita e nella elaborazione del lutto.
4.17. L’infermiere non partecipa a trattamenti finalizzati a provocare la morte dell'assistito, sia che la richiesta provenga dall'interessato, dai familiari o da altri.
4.18. L’infermiere considera la donazione di sangue, tessuti ed organi un'espressione di solidarietà. Si adopera per favorire informazione e sostegno alle persone coinvolte nel donare e nel ricevere.

Articolo 5
RAPPORTI PROFESSIONALI CON I COLLEGHI E GLI ALTRI OPERATORI SANITARI
5.1. L’infermiere collabora con i colleghi e gli altri operatori, di cui riconosce e rispetta lo specifico apporto all'interno dell'équipe. Nell'ambito delle proprie conoscenze, esperienze e ruolo professionale contribuisce allo sviluppo delle competenze assistenziali.
5.2. L’infermiere tutela la dignità propria e dei colleghi, attraverso comportamenti ispirati al rispetto e alla solidarietà. Si adopera affinché la diversità di opinione non ostacoli il progetto di cura.
5.3. L’infermiere ha il dovere di autovalutarsi e di sottoporre il proprio operato a verifica, anche ai fini dello sviluppo professionale.
5.4. Nell'esercizio autonomo della professione l'infermiere si attiene alle norme di comportamento emanate dai Collegi Ipasvi; nella definizione del proprio onorario rispetta il vigente Nomenclatore tariffario
5.5. L’infermiere tutela il decoro del proprio nome e qualifica professionale anche attraverso il rispetto delle norme che regolano la pubblicità sanitaria.
5.6. L’infermiere è tenuto a segnalare al Collegio ogni abuso o comportamento contrario alla deontologia, attuato dai colleghi.

Articolo 6
RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI
6.1 L’infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo del sistema sanitario, al fine di garantire il rispetto dei diritti degli assistiti, l'equo utilizzo delle risorse e la valorizzazione del ruolo professionale.
6.2. L’infermiere compensa le carenze della struttura attraverso un comportamento ispirato alla cooperazione, nell'interesse dei cittadini e dell'istituzione. L’infermiere ha il dovere di opporsi alla compensazione quando vengano a mancare i caratteri della eccezionalità o venga pregiudicato il suo prioritario mandato professionale.
6.3. L’infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, di fronte a carenze o disservizi provvede a darne comunicazione e per quanto possibile, a ricreare la situazione più favorevole.
6.4. L’infermiere riferisce a persona competente e all'autorità professionale qualsiasi circostanza che possa pregiudicare l'assistenza infermieristica o la qualità delle cure, con particolare riguardo agli effetti sulla persona.
6.5. L’infermiere ha il diritto e il dovere di segnalare al Collegio le situazioni in cui sussistono circostanze o persistono condizioni che limitano la qualità delle cure o il decoro dell'esercizio professionale.

Articolo 7
DISPOSIZIONI FINALI
7.1. Le norme deontologiche contenute nel presente codice sono vincolanti: la loro inosservanza è punibile con sanzioni da parte del Collegio professionale.
7.2. I Collegi Ipasvi si rendono garanti, nei confronti della persona e della collettività, della qualificazione dei singoli professionisti e della competenza acquisita e mantenuta.

giovedì 22 maggio 2014

I parametri vitali

I parametri vitali si suddividono in:

1) FREQUENZA CARDIACA O POLSO
2) FREQUENZA RESPIRATORIA
3) PRESSIONE ARTERIOSA
4) TEMPERATURA CORPOREA

1) FREQUENZA CARDIACA O POLSO
Con il termine polso si intende l’onda presso ria che si trasmette lungo i vasi arteriosi. Tale onda è generata dalla contrazione del ventricolo sinistro del cuore. Può essere palpato ( apprezzato cioè con le dita ) nelle sedi dove un’arteria passa lateralmente o al disopra di un segmento osseo, attraverso una modica pressione sull’arteria. Le nove sedi dove un polso può essere comunemente apprezzato sono:
• Temporale
• Carotideo
• Apicale
• Brachiale
• Radiale
• Femorale
• Popliteo
• Tibiale
• Pedidia
La frequenza del polso è espressa in battiti per minuto:nei neonati è all’incirca 190 bpm(battiti al minuto),negli adulti e negli anziani è tra 50-90 bpm.
Le tre comuni anomalie correlate alla frequenza del polso sono:
• La tachicardia: una frequenza di 100 o più battiti al minuto;
• La bradicardia: una frequenza inferiore a 50 battiti al minuto;
• L’aritmia.
PRESIDI
• Un orologio con contasecondi per calcolare la frequenza del polso apicale;
• Un fonendoscopio ( stetoscopio ) con un diaframma a forma di campana o di disco piatto per auscultare i battiti cardiaci;
• Una soluzione antisettica per pulire gli auricolari ed il diaframma dello stetoscopio se non si è sicuri della  loro pulizia. E’ necessario che il diaframma venga pulito e disinfettato se è sporco con materiali organici.
• Una tettarella se è necessario tranquillizzare un neonato o un bambino.

2)FREQUENZA RESPIRATORIA
La respirazione consiste nell’assunzione di O2 e nella eliminazione di CO2. Essa viene descritta come profonda o superficiale. Nelle respirazioni profonde viene inspirato ed espirato un notevole volume di aria. In quelle superficiali, il volume di aria mobilizzato è piccolo. Gli atti respiratori vengono valutati in relazione alla frequenza, alla profondità, al ritmo e al tipo. Essi vengono valutati osservando il torace del paziente durante l’atto respiratorio. Il paziente deve essere a riposo e inconsapevole che l’infermiere sta osservando i suoi atti respiratori; altrimenti il paziente stesso può volontariamente controllare la loro frequenza, profondità o ritmo. La frequenza viene misurata in atti per minuto; la frequenza normale in un adulto è di 16-20 atti, variando con alcuni fattori quali l’età, stati emotivi, attività fisica ed alcuni stati morbosi. Questi ultimi tre fattori tendono ad aumentare la frequenza respiratoria, legati all’aumento del fabbisogno di ossigeno del paziente. Gli atti respiratori sono generalmente conteggiati e valutati contemporaneamente alla T corporea o alla frequenza del polso.
TIPI DI RESPIRO ANOMALI
Anomalie del tipo di respiro comprendono la dispnea da sforzo o a riposo, l’ortopnea, sibili respiratori, stridore, rantoli o ronchi.
Iperventilazione: caratterizzata da aumento della frequenza respiratoria e della profondità;
Cheyne-Stokes: respiro periodico, caratterizzato da un graduale aumento della profondità del respiro seguito da una graduale riduzione del respiro stesso fino ad apnea, detto anche respiro boccheggiante;
Biot: respiro interrotto, è caratterizzato da periodi di apnea e periodi di tachipnea superficiale;
Apneustico: irregolare, respirazione inefficiente caratteristico delle lesioni del ponte e del mesencefalo;
Kussmaul: caratterizzato da respiri profondi e regolari tipico dello stato acidosico.

3)LA PRESSIONE ARTERIOSA
La Pressione Arteriosa rappresenta la misurazione della pressione del sangue all’interno delle arterie. Poiché il sangue si muove in modo pulsante, vi sono due valori di pressione del sangue: una pressione sistolica o pressione massima che corrisponde alla contrazione del muscolo cardiaco, e una pressione diastolica o pressione minima, che corrisponde al rilascio del muscolo cardiaco. La pressione diastolica è il valore presso rio più basso ed è comunque sempre presente all’interno delle arterie. La differenza tra la pressione sistolica e quella diastolica è detta pressione differenziale. La PA viene misurata in mmHg ( millimetri di mercurio ). Essa varia in relazione a numerosi fattori, tra cui l’età del paziente, la gittata cardiaca, il volume ematico, l’elasticità ed il calibro delle arterie ed il calibro dei capillari. La gittata cardiaca è normalmente di 70 ml di sangue per ciascuna contrazione. L’attività fisica e la febbre determinano un aumento della gittata. Anche il volume di sangue influenza la PA. Normalmente un adulto ha circa 5-6 litri di sangue circolante.
I RUMORI DI KOROTKOFF
Quando si misura la pressione arteriosa utilizzando lo stetoscopio, l’infermiere deve identificare 5 fasi detti rumori di Korotkoff.  All’inizio l’infermiere gonfia la cuffia dello sfigmomanometro fino a circa 30 mmHg al di sopra del valore in corrispondenza del quale è stato udito l’ultimo rumore che rappresenta il punto in corrispondenza del quale il flusso ematico viene bloccato. Poi la pressione del manicotto viene lentamente diminuita, mentre l’infermiere osserva la lettura  della pressione sul manometro e li rapporta ai rumori ascoltati attraverso lo stetoscopio. L’ Associazione Americana di Cardiologia (AAC) descrive le 5 fasi nella seguente maniera:
• Fase 1:  Il periodo inizia con il primo debole chiaro rumore di percussione. Questi rumori gradualmente diventano più intensi. Per essere sicuri che questi non siano rumori estranei, l’infermiere dovrebbe identificare almeno due rumori consecutivi.
• Fase 2: Corrisponde al periodo durante il quale i rumori sono sibilanti;
• Fase 3: Corrisponde al periodo durante il quale i rumori sono scroscianti e più intensi;
• Fase 4: Corrisponde al periodo durante il quale i rumori diventano ovattati ed hanno una tonalità dolce e soffiante;
• Fase 5: Corrisponde al valore in cui i suoni scompaiono.
L’ AAC raccomanda di considerare il valore della pressione sistolica il punto in cui si sente il primo rumore (fase 1). Negli adulti la pressione diastolica corrisponde al punto in cui tali rumori scompaiono (fase 5). Nei bambini comunque la AAC raccomanda di considerare la pressione diastolica all’inizio della fase 4,in cui i rumori diventano ovattati.
PRESIDI PER LA MISURAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA
La  PA viene misurata con un manicotto, uno sfigmo-manometro ed uno stetoscopio.
METODICHE
1. Determinare l’orario in cui il paziente ha mangiato, fumato o ha svolto attività fisica per l’ultima volta. N.B. per un’accurata misurazione della PA, questa dovrebbe essere presa a distanza di almeno 30 minuti dalle situazioni sopradescritte.
Per misurare la pressione arteriosa al braccio
2. Aiutare il paziente ad assumere una adeguata postura. La posizione seduta è quella generalmente utilizzata a meno che non sia controindicato. Il braccio dovrebbe essere lievemente flesso con il palmo della mano rivolto in alto e l’avambraccio e l’avambraccio mantenuto a livello del cuore. Misurazioni in posizioni differenti dovrebbero essere specificate. N.B. La PA normalmente è uguale nelle posizioni seduto, in piedi o sdraiato, ma in certe persone può variare nelle varie posizioni in modo significativo. Vi è un aumento della PA quando il braccio si trova sotto il livello del cuore o viceversa quando lo si pone al di sopra.
3. Esporre il braccio.
4. Avvolgere il manicotto, dopo aver tolto tutta l’aria, attorno al braccio in modo che il centro della camera venga posto direttamente sulla faccia mediale del braccio. Per misurare la pressione in un adulto, disporre il margine inferiore del manicotto a circa 2.5 cm al di sopra dello spazio antecubitale. In un neonato il margine inferiore del manicotto deve essere avvicinato al gomito. N.B. La camera d’aria posta all’interno del manicotto, deve essere posta direttamente sull’arteria che deve essere compressa per una misurazione più accurata.
5. Se si tratta della prima misurazione della PA, cercare di determinare prima con la palpazione la pressione sistolica. N.B. tale stima iniziale indica all’infermiere la massima pressione a cui deve portare il manometro nelle successive misurazioni. Ciò evita anche di sottostimare la pressione sistolica o di sovrastimare la pressione diastolica che potrebbero essere causate da un divario di reperti auscultatori. Tale divario auscultatorio, particolarmente evidente nei pazienti ipertesi, consiste nella temporanea scomparsa nei rumori normalmente presenti a livello dell’arteria brachiale, quando la pressione del manicotto raggiunge valori elevati, e poi nella ricomparsa dei rumori ad un livello più basso. Questa temporanea scomparsa dei rumori si verifica nell’ultima parte della fase 1 e nella fase 2 e può coprire un intervallo di 40 mmHg.
• Palpare l’arteria brachiale con la punta delle dita. L’arteria brachiale normalmente viene repertata medialmente nello spazio antecubitale;
• Chiudere la valvola della pompa ruotando la manopola in senso orario;
• Gonfiare il manicotto fino a quando non avvertite più il polso brachiale; a tale valore di pressione il sangue non può più fluire attraverso l’arteria;
• Annotarsi il valore registrato sullo sfigmomanometro a livello del quale non è più possibile avvertire il polso. Questo vi dà una stima della pressione massima richiesta per misurare la pressione sistolica;
• Sgonfiare completamente il manicotto e aspettare almeno 4-5 minuti prima di procedere a una nuova misurazione. Un periodo di attesa da tempo al sangue intrappolato nelle vene di essere rilasciato.
6. Introdurre nelle orecchie gli auricolari dello stetoscopio che devono essere lievemente inclinati in avanti. I suoni vengono percepiti più chiaramente quando gli auricolari sono disposti nella direzione del canale uditivo.
7. Assicurarsi che lo stetoscopio penda liberamente dalle orecchie al diaframma. Strofinando lo stetoscopio contro un oggetto si possono mascherare i rumori prodotti dal sangue all’interno delle arterie.
8. Porre il diaframma dello stetoscopio in corrispondenza del polso brachiale. Utilizzare il diaframma a campana dello stetoscopio. Tenere il diaframma con il pollice e il dito indice.
9. Gonfiare il manicotto fino a quando lo sfigmomanometro non raggiunge un valore di circa 30 mmHg al di sopra del punto in cui si ha la scomparsa del polso brachiale.
10. Sgonfiare il manicotto con cautela in modo che la pressione diminuisca a una velocità di 2-3 mmHg al secondo. Procedendo  più velocemente  o più lentamente, si può incorrere in errori di misurazione.
11. Man mano che la pressione si riduce, identificare i valori riportati sul manometro per identificare la pressione sistolica e pressione diastolica.
12. Sgonfiare il manicotto rapidamente e completamente ed aspettare qualche minuto prima di effettuare ulteriori misurazioni, ciò permette di liberare il sangue intrappolato nelle vene.
13. Ripetere i punti 9 – 12 una o due volte a seconda delle necessità, per confermare l’accuratezza delle misurazioni.
14. Togliere il manicotto dal braccio del paziente.
15. Se questa è la prima misurazione per il paziente, ripetere la tecnica sull’altro braccio. Il braccio su cui si registrano valori di pressione più elevati deve essere utilizzato perle successive misurazioni.
16. Controllare il paziente per ricercare eventuali segni di ipertensione e di ipotensione.
17. Registrare i valori della pressione arteriosa in accordo con le procedure dell’ospedale. Registrare due valori nella forma 130/80 dove 130 è la pressione sistolica e 80 è la pressione diastolica. Usare l’abbreviazione BD ( braccio destro ) e BS ( braccio sinistro ) per indicare dove è stata effettuata la rilevazione.
18. Registrare qualsiasi modificazione significativa dei valori pressori
ANOMALIE DELLA P.A.
1.ipertensione
2.ipotensione

4)TEMPERATURA CORPOREA
La temperatura corporea è un parametro vitale per verificare i bisogni del paziente e la temperatura di un organismo vivente. Negli esseri umani la temperatura corporea centrale normale è comunemente considerata di 37 °C, tuttavia questo è un valore approssimato. In proposito sono stati compiuti molti studi e, a seconda delle fonti, sono stati indicati vari possibili temperature “normali”. Gli studi più recenti indicano generalmente una temperatura di 37 °C, con una certa variabilità individuale (di circa ±0,4 °C).Oltre alla variabilità individuale bisogna anche tenere conto che la temperatura corporea fluttua normalmente durante il giorno, con il livello più basso il mattino alle 4 e col più alto la sera alle 18. Perciò una temperatura di 37,5 °C potrebbe essere febbre il mattino, ma non nel pomeriggio. Inoltre possono intervenire altri fattori come la digestione, l'età, l'attività fisica e, nelle donne, il ciclo mestruale, infatti, il progesterone, prodotto durante l'ovulazione, aumenta la temperatura da 0,3 a 0,6 °C, senza dimenticare eventuali terapie farmacologiche. Il centro termoregolatore è situato nell'ipotalamo protetto da forme di fenomeni aggressivi, riceve stimoli regolati e rilevati dai termorecettori profondi e superficiali. Quando ci sono variazioni al di sopra o al di sotto del range di temperatura, l'organismo cerca di riportare la temperatura corporea ai valori normali, e lo fa con contrazioni muscolari (90% della termogenesi) e variazioni del metabolismo cellulare determinando una iperproduzione di energia, oppure tramite la vasodilatazione e sudorazione per cercare di disperdere il calore. La termoregolazione è quindi il bilanciamento tra la termogenesi e la termodispersione.
ANOMALIE DELLA T.C.
1.ipertermia:T.C. superiore a 37.5 C°
2.ipotermia:T.C. inferiore a 36.5 C°